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La Col­le­zio­ne di Umber­to Anto­nel­li rac­con­ta del­la neces­si­tà di que­sti ulti­mi sti­mo­li, dell’ossigenazione che vie­ne dal­la fre­quen­ta­zio­ne con gli ambien­ti crea­ti­vi, dove la real­tà è con­ti­nua­men­te sca­val­ca­ta dall’immaginazione in un pro­ces­so sen­za solu­zio­ne di con­ti­nui­tà e in peren­ne movi­men­to, spon­ta­nea­men­te sospin­to dall’energia viva dell’innovazione. Si trat­ta natu­ral­men­te di un col­le­zio­ni­smo nato da esi­gen­ze inte­rio­ri, non orien­ta­to da spun­ti di mili­tan­za cri­ti­ca e cul­tu­ra­le, ma inne­sta­to­si e man­te­nu­to vivo da un tes­su­to di rap­por­ti, visio­ni e con­di­vi­sio­ni. Ogni ope­ra docu­men­ta infat­ti un pas­sag­gio salien­te nel­la rete di rela­zio­ni con radi­ci ter­ri­to­ria­li, dun­que una testi­mo­nian­za viva di affe­zio­ni ed inve­sti­men­ti emo­zio­na­li pro­fu­si nell’oggetto arti­sti­co, un pia­ce­re deri­va­to dal suo pos­ses­so e dal suo godi­men­to che fa di que­ste ope­re ogget­ti spe­cia­li di un’intima affezione.
Pao­la Ballesi

Umber­to Anto­nel­li, ho avu­to il pia­ce­re di cono­scer­lo e fre­quen­tar­lo ed ho com­pre­so da subi­to di ave­re incon­tra­to un uomo pro­iet­ta­to ver­so nuo­ve sfi­de, che inve­ste in ambi­ti inu­sua­li, che non per­de mai di vista i valo­ri del­la tra­di­zio­ne e del­la tute­la del ter­ri­to­rio. Una per­so­na impe­gna­ta nel­la vita socia­le e cul­tu­ra­le del­le Mar­che e atti­va per il suo sviluppo.
È un’elegante rap­pre­sen­ta­zio­ne del­lo spi­ri­to e dell’orgoglio mar­chi­gia­no, con la sua ope­ro­si­tà uni­ta alle sue abi­tu­di­ni e ai suoi modi di vive­re il ter­ri­to­rio, lo distin­guo­no per l’energia e per l’amore che impie­ga per valo­riz­za­re le poten­zia­li­tà del­la nostra regio­ne a 360 gradi.
Appa­ga la pas­sio­ne di col­le­zio­ni­sta da sem­pre acqui­stan­do ope­re d’arte di pre­sti­gio per goder­le nel­la pro­pria casa con la sua fami­glia e i suoi amici.
Pina Gen­ti­li


Poli­tea­ma di Tolen­ti­no la mostra “Segni di Luce” dedi­ca­ta all’opera di Pao­lo Gubi­nel­li. L’esposizione è cura­ta da Pao­la Bal­le­si ed è orga­niz­za­ta in col­la­bo­ra­zio­ne con CeSMa Cen­tro Stu­di Mar­che. La car­ta come mez­zo con­ge­nia­le di espres­sio­ne arti­sti­ca, essa è per Pao­lo Gubi­nel­li la super­fi­cie idea­le, lo spa­zio più ricet­ti­vo, il cam­po di bat­ta­glia e la mate­ria più dut­ti­le per un cor­po a cor­po con il lin­guag­gio espres­si­vo. Car­ta pie­ga­ta, inci­sa, taglia­ta, segna­ta, dise­gna­ta, colo­ra­ta, graf­fia­ta, pia­ga­ta, illu­mi­na­ta, oscu­ra­ta, ombra­ta. È con essa – spie­ga Pao­la Bal­le­si – che l’artista gio­ca una par­ti­ta lun­ga una vita per­ché c’è in palio il tro­feo dell’immaginazione crea­ti­va che sfon­da il muro del­la con­sue­tu­di­ne e dell’acquietamento nell’abitudine per libe­ra­re il pro­pel­len­te ener­ge­ti­co fat­to di segni e signi­fi­ca­ti, sogni e costrut­ti, le impal­ca­tu­re cul­tu­ra­li che muo­vo­no il mon­do. La car­ta è infat­ti nel DNA dell’artista, e non pote­va esse­re altri­men­ti, nato a Mate­li­ca la cit­tà che, insie­me a Pio­ra­co, fa par­te del più impor­tan­te distret­to del­la car­ta dell’Italia cen­tra­le il cui sto­ri­co cen­tro nevral­gi­co è la più famo­sa Fabria­no. Dun­que fin dagli esor­di nel­la secon­da metà degli anni ’60, Pao­lo Gubi­nel­li, impo­sta la sua ricer­ca facen­do­la vira­re dal più tra­di­zio­na­le sup­por­to del­la tela al mate­ria­le car­ta­ceo che sen­te con­ge­nia­le ed adat­to per appro­fon­di­te inda­gi­ni sul­le inci­den­ze del­la luce nel­le sue infi­ni­te varian­ti e sull’articolazione del­lo spa­zio nel­le sue mol­te­pli­ci rela­zio­ni strut­tu­ra­li. Pao­lo Gubi­nel­li sco­pre gio­va­nis­si­mo l’importanza del con­cet­to spa­zia­le di Lucio Fon­ta­na che deter­mi­na un orien­ta­men­to costan­te nel­la sua ricer­ca. Nel­la sua atti­vi­tà arti­sti­ca è anda­to mol­to pre­sto matu­ran­do, dopo espe­rien­ze pit­to­ri­che su tela o con mate­ria­li e meto­di di ese­cu­zio­ne non tra­di­zio­na­li, un vivo inte­res­se per la “car­ta”: in una pri­ma fase ope­ra su car­ton­ci­no bian­co, mor­bi­do al tat­to, con una par­ti­co­la­re ricet­ti­vi­tà alla luce, lo inci­de con una lama, secon­do strut­tu­re geo­me­tri­che che sen­si­bi­liz­za al gio­co del­la luce pie­gan­do­la manual­men­te lun­go le inci­sio­ni. In un secon­do momen­to, sosti­tui­sce al car­ton­ci­no bian­co, la car­ta tra­spa­ren­te, sem­pre inci­sa e pie­ga­ta; o in fogli, che ven­go­no dispo­sti nell’ambiente in pro­gres­sio­ne rit­mi­co-dina­mi­ca, o in roto­li che si svol­go­no come papi­ri su cui le lie­vis­si­me inci­sio­ni ai limi­ti del­la per­ce­zio­ne diven­ta­no i segni di una poe­sia non ver­ba­le. Nel­la più recen­te espe­rien­za arti­sti­ca, sem­pre su car­ta tra­spa­ren­te, il segno geo­me­tri­co, con il rigo­re costrut­ti­vo, vie­ne abban­do­na­to per una espres­sio­ne più libe­ra che tra­du­ce, attra­ver­so l’uso di pastel­li colo­ra­ti e inci­sio­ni appe­na avver­ti­bi­li, il libe­ro impre­ve­di­bi­le moto del­la coscien­za, in una inter­pre­ta­zio­ne tut­ta liri­co musi­ca­le. Oggi que­sto lin­guag­gio si arric­chi­sce sul­la car­ta di toni e di gesti acque­rel­la­ti acqui­stan­do una più inti­ma den­si­tà di signi­fi­ca­ti. Ha ese­gui­to ope­re su car­ta, libri d’artista, su tela, cera­mi­ca, vetro con segni inci­si e in rilie­vo in uno spa­zio lirico-poetico.
All’inaugurazione del­la mostra, oltre all’artista Pao­lo Gubi­nel­li e alla cura­tri­ce Pao­la Bal­le­si, sono inter­ve­nu­ti il Pre­si­den­te del CeSMa Fran­co Moschi­ni, la Pre­si­den­te Eme­ri­ta del CeSMa Rosan­na Vau­det­ti e la Diret­tri­ce del CeSMa Pina Gen­ti­li. Prof.ssa Pao­la Ballesi


L’I­sti­tu­to Ita­lia­no di Cul­tu­ra di Bru­xel­les, in col­la­bo­ra­zio­ne con il CeSMa, ha orga­niz­za­to la mostra “Padre Mat­teo Ric­ci”, che riper­cor­re la vita e le ope­re del pri­mo media­to­re cul­tu­ra­le. La mostra pre­sen­ta un pez­zo uni­co: la Bib­bia di Plan­tin, anche cono­sciu­ta come Bib­bia poli­glot­ta di Anver­sa, gen­til­men­te pre­sta­ta dal Museo Plan­tin-More­tus di Anver­sa. Stam­pa­ta col tito­lo di Biblia Poly­glot­ta, fu un’o­pe­ra in cin­que lin­gue finan­zia­ta dal re Filip­po II di Spa­gna, cura­ta da vari stu­dio­si coor­di­na­ti dal­l’o­rien­ta­li­sta spa­gno­lo Beni­to Arias Mon­ta­no e stam­pa­ta ad Anver­sa dal famo­so tipo­gra­fo Chri­sto­phe Plan­tin tra il 1568 e il 1572.
Mat­teo Ric­ci è sta­to il pri­mo media­to­re cul­tu­ra­le. Nato 1552 in una fami­glia agia­ta di Mace­ra­ta e for­ma­to­si dai Gesui­ti a Mace­ra­ta, deci­de di entra­re in novi­zia­to nel­la Com­pa­gnia di Gesù, con­tro il vole­re del­la pro­pria fami­glia. Dopo aver pas­sa­to qual­che anno nei Col­le­gi dei Gesui­ti in Ita­lia dove si for­ma come uma­ni­sta e scien­zia­to, a soli 26 anni par­te per l’India. A Goa vie­ne ordi­na­to sacer­do­te e si for­ma come teo­lo­go, pri­ma del­la mis­sio­ne più impor­tan­te del­la sua vita: quel­la che nel 1582 lo por­ta in Cina, dove rimar­rà fino alla sua mor­te, avve­nu­ta nel 1610 a Pechi­no. In Cina Ric­ci comin­cia subi­to a stu­dia­re il man­da­ri­no, ed ha la gran­de intui­zio­ne di ini­zia­re a dia­lo­ga­re con gli intel­let­tua­li cine­si attra­ver­so una pri­ma ope­ra let­te­ra­ria non reli­gio­sa capa­ce di uni­re i due mon­di attra­ver­so paro­le e con­cet­ti cari e vici­ni a entram­be le loro real­tà. Dell’Amicizia e Bene­vo­len­za sono trat­ta­ti che Padre Mat­teo Ric­ci scri­ve inte­ra­men­te in man­da­ri­no ripor­tan­do mas­si­me e afo­ri­smi e pen­sie­ri sul­le rela­zio­ni uma­ne di ami­ci­zia, che fan­no di que­sti for­mi­da­bi­li testi l’esempio pra­ti­co di come Occi­den­te e Orien­te pos­sa­no accor­dar­si su temi cruciali.